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di Andrea Sardi
CAFE’ DOMINGUEZ – Amico, amica, che dire: se altri nel tango leggono la sensualità, io vi colgo proprio un forte temperamento, quella grinta che sola permette di far fronte al desengaño, la disillusione di cui il tango stesso vive, più che parlarne!
Il protagonista di tutti i tanghi è un Uomo che, cercando di realizzare il proprio Destino, si trova a combattere contro una forza più grande e incomprensibile, il Fato, a volte identificato con lo stesso Dio: “… La vita è un mazzo truccato e mescola le carte la mano di Dio…” [“Monte criollo”, Tango 1935, Música: Francisco Pracánico, Letra: Homero Manzi]. L’eroe soccombe, certo, ma proprio attraverso questo suo sacrificio svela all’umanità il senso del vivere e la verità ultima.
Guarda, ne approfitto per svelarti l’interno in una milonga di Buenos Aires, mentre si ascolta e si balla questo tango. La vera milonga è soprattutto luogo di convivialità, dove ci si incontra, si mangia qualcosa, si beve e si conversa, ci si confida, al contrario di quanto dicono certe persone qua in Italia: “In milonga si viene solo per ballare!”.
Ci vuole una forte tempra per lottare contro il Fato, per affermare i propri sogni, essere sconfitti e, pure nel naufragio della disillusione, andare avanti, non credi?
A volte si è afferrati dal senso di una profonda e reale solitudine. Sì, perché spesso si è realmente soli: gli amici non ci sono o magari vivono altrove e, nell’inverno di sere e di notti silenziose, la solitudine affonda netta, gelido cuneo, nel petto e nello stomaco. Può anche accadere che gli amici sbaglino, o che le loro ragioni vadano oltre la tua solitudine ed il tuo bisogno di un conforto.
Così ti feriscono e questo ti fa sentire ancor più solo.
Come dice un tango: “Mezzanotte, e nessuno della mia compagnia si vede, per darmi una gioia, un sollievo al mio dolore. Sembra che sappiano anche loro che al di là della birra è la tristezza che mi ubriaca con un amaro sapore. E se non vengono, non importa, so bene che gli amici, come i giudici, sono nati per sbagliare…” [“Media noche”, Tango 1928, Música: Alberto Tavarozzi, Letra: Eduardo Escaris Méndez].
Il Giudice, altro personaggio simbolico che nel tango rappresenta una logica superiore, spesso non adatta a contenere le ragioni del vivere umano. Una logica a sé stante, spietata. Il Giudice è capace di condannarti, in nome di quella logica, se rubi un pezzo di pane, fosse pure per sfamare la tua famiglia, come racconta un altro tango, “Pan” [Tango 1932, Música: Eduardo Pereyra, Letra: Celedonio Flores]. Così, ci vuole tempra per vivere nella consapevolezza della solitudine: “Solo ed escluso, come un unico zero, chi è stato emarginato e resiste solo. Lontano e perso come un cane, lontano, vado verso l’oblio trascinando le mie ossa. Solo e senza un appiglio, come in un suicidio. Ho solo un tango per raccontare il mio esilio …Lontano dalla mia vita senza aver un porto, vado alla deriva e mi dan per morto… Lontano a tutto, straniero, mi sento piccolo e se non mi illudo, impazzisco...”[ “Solo”, Tango, Música: Pino Solanas, Letra: Pino Solanas].
Illudersi per non impazzire. Illudersi, tornare a sognare, ad amare, ubriacarsi di emozioni vivide, accese di passione, profonde. Conoscere la disillusione assoluta, altre emozioni intense di dolore, altro stordimento e poi quella domanda che torna, ossessiva: “Perché il sogno non può tornare a rivivere?”. “Vecchio muro del sobborgo, la tua ombra mi fu compagna in una infanzia senza splendore ed il mio amico era il tuo caprifoglio…. Caprifoglio in fiore, che mi ha visto nascere e sul vecchio muro hai sorpreso il mio amore, Caprifoglio in fiore, che inerpicandoti vai, in un tenace e dolce abbraccio, così come ogni anno i tuoi fiori rinascono, non far morire il mio primo amore...” [“Madreselva”, Tango 1931, Música: Francisco Canaro, Letra: Luis César Amadori]. Poi il tempo passa e “… Così ho imparato che devi fingere, per vivere decentemente; che amore e fede sono bugie e le persone ridono del dolore…” [“Madreselva”]
Senti, ora ti dirò una cosa che sino ad ora ho negato con tutta la forza del mio cuore: il tango è un ballo passionale! Certo, se con questo passionale intendi l’effimero fruscio di gonne e di calze di seta, il gioco di trasparenze e colori accesi, oh, no, questo è un mero disfraz che mi ricorda“Maquillaje” [Tango, Música: Virgilio Expósito, Letra: Homero Expósito]: “… Compri il carminio, e il vasetto di fard, che trema sulle tue guance, e le tue occhiaie mascheri d’un verdino che riempia di amore la tua maschera d’argilla … Bugie, le tue virtù sono bugie, il tuo amore, la tua bontà e infine la tua giovinezza. Bugie… Hai truccato persino il tuo cuore!”
Il tango è passionale per l’intensità con cui un vero tanguero vive una vita fatta di sogni e di speranze, consapevolmente accettando che, se mai si realizzeranno, non saranno per sempre. E’ passionale nella sua determinazione ad accettare la vita, comunque sia, anche nella sconfitta e nella solitudine.
Ti lascio, amico, amica mia, con un tango che trovo molto attuale, dedicato a quanti pensino o sappiano d’aver avuto tempi migliori, che forse non torneranno, e nonostante questo vivono… con determinazione!
[Olvido, Tango 1935, Música: Luis Rubistein, Letra: Luis César Amadori]
“Se mai pensassi a cosa fui, non avrei nemmeno la forza di vivere. Ma so che devo dimenticare, e dimentico senza protestare. Nell’oscura carovana del dolore degli uomini che hanno perso anche gli affetti più cari, senza imprecare, senza rancore, vado da solo con la mia canzone… non importa, per me ciò che ho vissuto, so tutto quello che sono stato, quello che non sarò mai più…”
Ti abbraccio, amico, amica!